Ti hanno mai fatto sparare senza cartucce?

La storia

Quando nel 1941 il papà di Wally Bock, appena divenuto pastore luterano, ottenne il suo primo incarico in una chiesa, non aveva esperienza del mondo. Fino ad allora aveva solo tenuto dei libri in mano. Per aiutarlo a mettere qualcosa in tavola, i contadini della comunità lo portavano a caccia. «Mia madre mi disse che il fucile che gli davano non conteneva cartucce», racconta Wally Bock. «Papà e i contadini andavano a zonzo per la campagna. Quando i cani stanavano alcuni uccelli, risuonavano diversi colpi, poi qualcuno gridava: “Bel colpo, pastore!” E mio padre, che non aveva sparato, trovava degli uccelli infilati nel suo carniere». Allo stesso modo, le mogli dei contadini, sapendo che la mamma di Wally Bock non aveva idea di come pulire e cucinare la selvaggina, inizialmente portavano a casa del pastore un intero pasto preparato con quegli uccelli, poi iniziarono a dire: “Natalie, ho un po’ di tempo a disposizione, perché non ti aiuto a preparare questi uccelli?”.

Cosa stai cercando di dirmi?

«I contadini e le loro mogli hanno aiutato i miei genitori ad adattarsi a una situazione molto diversa dai mondi in cui erano cresciuti. Hanno aiutato mio padre a imparare a fare il suo lavoro e a divenire il leader spirituale della comunità», spiega Wally Bock. «È stato lo stesso per me. Le persone che hanno lavorato “per” me, mi hanno aiutato a imparare a guidare. Mi hanno dato suggerimenti, hanno colto i miei errori prima che potessero fare danni. Mi hanno spinto e mi hanno coperto. Scommetto che è stato lo stesso per te».

Sì, è stato lo stesso anche per me

Quando sono diventata direttrice di Donna Moderna avevo poco più di 30 anni e nei primi mesi mi muovevo per la redazione esattamente come quel pastore per le campagne, incapace di sparare, in mezzo a gente capacissima di farlo anche per me. Mi accorgevo che mi davano un fucile senza cartucce? Credo di sì. Ho capito subito che il mio futuro professionale sarebbe dipeso dalla mia capacità di farmi aiutare.

Ma come si fa a stare dall’altra parte?

E cioè come si fa ad accettare che il tuo capo ne sappia meno di te? Daniel Jolles e Graze Lordan se lo chiedono su Fast Company, ammettendo che è una situazione che fa schifo: «Immagina di fare il tuo lavoro da un po’. Hai acquisito un’esperienza cruciale, sviluppato relazioni significative e affinato le tue capacità e qualifiche. Un giorno ti ritrovi con un nuovo manager che ha molte idee, ma molta meno esperienza di te. Suona familiare?». Ebbene, la tesi dei due autori è che «con gli ingredienti giusti, avere un capo con meno esperienza nel nostro settore di competenza può aumentare la nostra creatività e innovazione e aiutarci a raggiungere i nostri obiettivi». In particolare, secondo i due autori, bisogna mettere in atto 4 comportamenti, che ci conducono fondamentalmente a questo: co-creare assieme al capo inesperto il nostro ruolo affinché corrisponda a ciò che ci dà maggiore soddisfazione. Un ufficio con un capo inesperto è come un campo da calcio con la sola porta. L’obiettivo è chiaro, ma possiamo disegnare assieme le linee del campo e le regole del gioco.

Nel frattempo non si mette in pericolo l’azienda?

No, se si ricorre alla disobbedienza intelligente. Che è il meccanismo messo in atto dal cane per non vedenti, quando si rifiuta di eseguire l’ordine di attraversare la strada, poiché la situazione è pericolosa. La disobbedienza intelligente è «la capacità di contrastare le indicazioni o le istruzioni del management e suggerire miglioramenti difendendo l’integrità dei requisiti aziendali e degli obiettivi organizzativi», dicono Bob McGannon e Denise DeCarlo. La disobbedienza intelligente è una competenza sempre più cruciale nelle aziende in cui le gerarchie di gestione soffrono di asimmetria informativa. «Il manager che invia le istruzioni spesso non ha il quadro completo di ciò che sta accadendo più in basso o di come la sua decisione potrebbe influenzare il lavoro quotidiano delle persone coinvolte», scrive Jurriaan Kamer. «La disobbedienza intelligente è un meccanismo di autocorrezione di questo difetto di gestione intrinseco. Se lo scopo è chiaro e le persone comprendono le implicazioni del seguire o infrangere una regola, dovrebbero infrangere le regole quando non hanno senso».

Questo articolo è tratto dal numero 59 del 13 maggio 2023 della newsletter “Voices”, una newsletter settimanale di Diagonal curata da Annalisa Monfreda. Ogni settimana racconta storie, voci, dati e approfondimenti per ispirarti lungo il percorso verso un’azienda inclusiva. Siamo infatti convinte che la diversità sia la più grande opportunità di innovazione che abbiamo, l’occasione di riscrivere le regole del lavoro, di ridisegnarne i riti, gli spazi, la cultura. Se desideri iscriverti clicca qui. Ti aspettiamo!

Annalisa Monfreda