Imparare ad ascoltarsi sul lavoro, questione di musica

La frase

“A volte mi sento come se fossi seduto tra il pubblico, con te che ascolti”. A pronunciare questa frase è il grande jazzista Herbie Hancock, durante un concerto alla veneranda età di 82 anni. Era il suo modo di esprimere la sua stima per i membri della band. Ma, involontariamente, ha svelato il suo segreto.

Quale segreto?

Il segreto del jazz. Il mistero che si crea sul palco, che è il risultato della tensione tra noto e ignoto, o meglio del fatto che nessuno sa davvero cosa sta per succedere. Una band di jazz riesce a fare ciò che ogni team di lavoro dovrebbe fare: collaborare e improvvisare, contemporaneamente. E ci riesce proprio perché i suoi musicisti si comportano come se fossero seduti tra il pubblico. Tradotto: si ascoltano.

Perché me ne parli?

Perché anche nei team di lavoro, se imparassimo ad ascoltarci, compiremmo quel piccolo miracolo di collaborare seguendo le procedure (le note sullo spartito) e improvvisare assecondando le migliori intuizioni di ciascuno. Ma come si fa ad ascoltarsi così profondamente? A volte penso che avremmo bisogno della trombetta da bicicletta che il fotografo Elliot Erwitt portava sempre in tasca. La utilizzava per realizzare i ritratti: quando aveva davanti un soggetto imbronciato o sostenuto la suonava all’improvviso. «È un modo un po’ scemo per infrangere le barriere, che però funziona… L’atmosfera migliora e io ottengo una foto più umana», racconta. È così, per esempio, che ottenne questa foto di Andy Wharol e Grace Jones.

Un equivalente della trombetta, adeguato al mondo del lavoro?

Costruire conversazioni interessanti che generino curiosità. Uno studio della Harvard Business School del 2018 ha rilevato che i CEO trascorrono il 72% del loro tempo nelle riunioni, ma pensano che siano una perdita di tempo. «E invece le riunioni sono il luogo in cui puoi attingere a quella che chiamo curiosità collettiva», scrive qui Pia Lauritzen. «Una delle cose che distinguono noi umani dalle altre creature è che sappiamo di non sapere tutto. Questo ci rende curiosi e desiderosi di imparare, e ci fa anche rivolgere l’uno all’altro per ottenere informazioni e ispirazione. Se pensi alle riunioni in questo modo, puoi strutturarle per ottenere produttività e coinvolgimento». La curiosità, rivela una ricerca della professoressa Francesca Gino, ci porta a prendere meno decisioni sbagliate perché abbiamo meno probabilità di cadere preda di pregiudizi di conferma e di stereotipizzare le persone.

Cosa dovremmo fare in pratica?

La proposta di Pia Lauritzen attinge all’immaginario musicale. Si tratta di introdurre jam session di domande all’inizio delle riunioni. «Sessioni indolori, brevi e silenziose che utilizzano le domande e le risposte delle persone per collegarle tra loro, stimolarle e coinvolgerle nell’agenda della riunione. Queste sessioni sono un modo per raccogliere ciò che è nella mente delle persone sull’argomento della riunione. Una jam session di domande dura solo sette minuti». Per capire come farla, ti rimando al suo articolo approfondito. Ti cito solo un ultimo passaggio: «Come in una band, il jamming non è qualcosa che si fa per evitare di seguire l’agenda di una riunione (suonare secondo le note). Piuttosto, è qualcosa che fai per creare l’energia e il sentimento di appartenenza necessari affinché tutto il resto funzioni. Per risolvere problemi che nessuno può risolvere da solo, dobbiamo basarci sulle reciproche esperienze e intuizioni, e il modo migliore per farlo è garantire che le prospettive uniche di tutti siano messe in gioco prima che il pensiero di gruppo entri in gioco».


Due link d’autore

Qualche giorno fa, in un evento aziendale organizzato con Diagonal, ho conversato con Claudia De Lillo, conduttrice di Caterpillar AM, di come, nell’era della replicabilità e dell’isolamento di voci per mezzo di cuffie, siamo sempre meno capaci di ascoltare veramente. Lei ci ha regalato due Ted sull’argomento davvero preziosi. Fatti un regalo anche tu. Ascoltali.

Questo articolo è tratto dal numero 42 del 29 ottobre 2022 della newsletter “Voices”, una newsletter settimanale di Diagonal curata da Annalisa Monfreda. Ogni settimana racconta storie, voci, dati e approfondimenti per ispirarti lungo il percorso verso un’azienda inclusiva. Siamo infatti convinte che la diversità sia la più grande opportunità di innovazione che abbiamo, l’occasione di riscrivere le regole del lavoro, di ridisegnarne i riti, gli spazi, la cultura. Se desideri iscriverti clicca qui. Ti aspettiamo!

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