Abbiamo bisogno di un “tempo sacro” per noi stessi
La storia
Quando sono diventata madre della seconda figlia ho pensato: “Non mi faccio più fregare”. Addio folli corse in bici per essere a casa all’orario in cui stacca la tata. Addio mastite dovuta al prolungarsi delle riunioni oltre il tempo in cui dovrei allattare. Porto mia figlia in ufficio con me. Ricordo la scrivania trasformata in fasciatoio, le riunioni di redazione sul prato, la cucciola che passava di mano in mano. Mi sembrava di stare a fare la rivoluzione.
E invece?
Invece era solo una delle tante facce del privilegio. Il privilegio di fare un lavoro poco operativo, ma molto di pensiero (ammesso che si possa pensare lucidamente con una bambina attaccata al seno). Il privilegio di non dover chiedere il permesso a nessuno per portare mia figlia in ufficio. Non è una rivoluzione se una cosa ha senso solo per te. Negli anni a venire, raramente i colleghi mi chiedevano di fare lo stesso. Quando le scuole erano chiuse e le tate non c’erano, portavano i bambini in ufficio come avevo fatto io. Ma in quelle giornate, non erano la versione migliore di sé. Né come genitori né come professionisti né come persone felici.
Perché me lo racconti?
Perché mi accorgo che è in atto un piccolo fraintendimento. L’essere donna in posizioni di leadership è ancora oggi una diversità, che ci permette di interpretare il potere e il mondo del lavoro in modo nuovo. Come scriveva Francesca Cavallo in un vecchio numero di The Period, noi dobbiamo essere il Richard Douglas Fosbury delle aziende: così come lui ha cambiato per sempre il modo in cui si salta con l’asta, saltando all’indietro invece che di pancia, così noi possiamo rifondare le regole del lavoro. Ma questo cambiamento non equivale a fare un minestrone di famiglia e lavoro.
Quale sarebbe dunque la vera rivoluzione?
Non portarsi i bambini al lavoro ma lasciarli veramente a casa. Non solo fisicamente, anche con il pensiero. Riuscire ad avere uno spazio breve, concentrato ma interamente libero. Stare finalmente in un posto solo per volta. Come scriveva Claudia de Lillo nella sua storica rubrica su D (la cui raccolta è diventata un libro): «Lo sfinimento genitoriale prima o poi arriva». Quando le è successo, lei ha cercato conforto, oltre che nel cioccolato, anche «nell’abbraccio di un open space che, con la scusa del lavoro, mi dà asilo ogni mattino».
E l’integrazione vita lavoro di cui si parla tanto?
La capacità di essere in un posto per volta, senza l’ubiquità tipica delle mamme, è ciò che può davvero permetterci quella integrazione di vita e lavoro che non significa sovrapposizione ma una danza armoniosa in cui volta per volta capiamo «cosa è prioritario per noi e cosa è prioritario per l’azienda e impariamo a fare un mix continuo tra queste esigenze» come mi ha detto Silvia Zanella, autrice de Il lavoro è femmina.
C’è qualcuno da cui possiamo imparare?
C’è un articolo che ho adorato: I migliori consigli sulla genitorialità che io abbia mai avuto, di Ryan Holiday. È una summa di ciò che ha raccolto nel suo podcast Daily Dad. Ci sono consigli di ogni tipo. Ma quello che ho amato in particolare arriva da James Clear, autore del meraviglioso bestseller Atomic Habits: «Ritagliati del tempo sacro per te stesso». Clear racconta a Holiday che «quando è diventato padre, si è ritagliato “due ore sacre” al mattino per scrivere. A volte ottiene di più, ma mai di meno. Questa idea del tempo sacro è importante. Devi ritagliarlo. Devi attenerti ad esso come un orologio, proteggerlo come faresti per un appuntamento dal dottore o una grande riunione. Ti stupirai di ciò che puoi realizzare in quel tempo sacro che hai tenuto tutto per te».
Questo articolo è tratto dal numero 45 del 19 novembre 2022 della newsletter “Voices”, una newsletter settimanale di Diagonal curata da Annalisa Monfreda. Ogni settimana racconta storie, voci, dati e approfondimenti per ispirarti lungo il percorso verso un’azienda inclusiva. Siamo infatti convinte che la diversità sia la più grande opportunità di innovazione che abbiamo, l’occasione di riscrivere le regole del lavoro, di ridisegnarne i riti, gli spazi, la cultura. Se desideri iscriverti clicca qui. Ti aspettiamo!