Dai una chance alle tue paure invece di ignorarle
La storia
Lisa è una dirigente senior di un’azienda sanitaria. Quando alcune donne della sua azienda denunciano di sentirsi “ignorate” dalla cultura dominante maschile, il vicepresidente sollecita il punto di vista di Lisa e lei sostiene di non aver mai avuto quell’esperienza.
Era vero?
No. Riflettendo assieme alla sua coach su quella domanda e sul perché l’aveva tanto infastidita, Lisa si rende conto che anche lei si era spesso sentita messa in discussione e sottovalutata nelle riunioni di team: i colleghi maschi accettavano le sue linee d’azione ma poi le ignoravano nella pratica.
Perché non se n’era resa conto prima?
Secondo la sua coach Chantal Laurie, che qui racconta la sua storia, Lisa «si era rifiutata di vedere il comportamento prevenuto dei suoi colleghi maschi» perché la sua più grande paura era di diventare vittima. Avendo subito abusi da bambina e avendo sofferto la morte improvvisa del marito, il suo modo di reagire era stato rifiutare di vivere nel vittimismo e abbracciare la psicologia positiva e l’ottimismo.
Cosa possiamo imparare da questa storia?
Tutti noi ci nascondiamo la verità su chi temiamo di diventare, dice Laurie. E questa omissione con noi stessi ostacola la nostra crescita e «ci trattiene dentro una versione frammentata di noi stessi». Per scoprire chi temiamo di diventare dobbiamo concentrarci su «cosa ci offende o ci repelle negli altri: chi pone domande troppo timide? chi interrompe continuamente? chi decide con impulsività? chi aggredisce o chi evita i conflitti?». Ecco svelato chi abbiamo paura di essere.
E una volta che l’abbiamo scoperto?
Dobbiamo considerare tutti i vantaggi di ciò che temiamo: «Che valore avrebbe quel comportamento apparentemente indesiderabile? In che modo l’adozione di questo comportamento potrebbe migliorare la mia leadership? Quante probabilità ci sono che io diventi la persona che non voglio diventare adottando questo comportamento?», scrive Laurie.
Qual è l’obiettivo?
«L’obiettivo, nell’abbracciare parti di ciò che temiamo di diventare, non è incoraggiare una generazione di assetati di potere. Ma di illuminare una verità: siamo moltitudini e ciò che temiamo raramente è tutto cattivo, può esserci del buono in esso. Quando Lisa ha riconosciuto di essere a volte una vittima, ha trovato maggiore autenticità nella sua leadership», racconta Laurie.
Ci sono anche altre paure che ci frenano sul lavoro
Tre, per essere precisi, secondo Ted Bauer. Sono la paura del fallimento, la paura del rifiuto, la paura del conflitto. L’atteggiamento passivo-aggressivo, per esempio, spesso nasce da quest’ultima paura. «Accettare che il conflitto avvenga ci aiuterebbe a lasciar andare il comportamento passivo-aggressivo. Il conflitto sul lavoro (o ovunque) non è necessariamente una cosa negativa se fai uno sforzo per superarlo in modo produttivo», dice Maigan Wilkins.
Perché abbiamo paura della paura?
Secondo Larae Quy, che è stata per 24 anni una agente sotto copertura e controspionaggio dell’FBI, «le nostre menti non si sono evolute per differenziare completamente tra una paura pericolosa per la vita e un potenziale colpo al nostro ego. Quando fai luce su una paura o ansia, dai a te stesso il permesso di saperne di più. La paura è un’emozione forte che dovrebbe essere esplorata. Studiala e acquisisci familiarità con essa, ma non vincolarti a lei».
«Per espandere capacità e repertorio, a volte i leader devono entrare in chi non vogliono essere per sfidare la narrativa limitante di chi sono convinti di essere».
Chantal Laurie
Questo articolo è tratto dal numero 35 del 10 settembre 2022 della newsletter “Voices”, una newsletter settimanale di Diagonal curata da Annalisa Monfreda. Ogni settimana racconta storie, voci, dati e approfondimenti per ispirarti lungo il percorso verso un’azienda inclusiva. Siamo infatti convinte che la diversità sia la più grande opportunità di innovazione che abbiamo, l’occasione di riscrivere le regole del lavoro, di ridisegnarne i riti, gli spazi, la cultura. Se desideri iscriverti clicca qui. Ti aspettiamo!