Due liste da fare per essere leader migliori

La lista “unusual people”

La storia

Leena Nair ha 52 anni, è indiana e un paio di giorni fa è divenuta ceo di una delle aziende di moda più iconiche: Chanel.

Perché me ne parli?

Il precedente incarico di Nair era: responsabile Hr in Unilever. La più giovane di sempre. Tanto è bastato a farmi pensare che dovevo “conoscerla” così mi sono messa ad ascoltare i suoi discorsi.

E cosa hai scoperto?

Che avevo ragione. Dietro il volto che mi sorrideva dalle pagine dei giornali c’era una storia appassionante. Ascoltala qui. Racconta la battaglia culturale con la sua famiglia per poter studiare ingegneria. La scelta di mettere da parte quella laurea per studiare management, grazie all’intuizione di un mentore e al suo coraggio di ascoltarlo. I primi anni in azienda, quando ha affondato le mani in tutti i lavori sul campo. E poi la notte del 2008, quando si ritrovò coinvolta negli attacchi terroristici di Mumbai che portarono alla morte di 195 persone. Lei si salvò e imparò sul campo, da una giovane ragazza che aveva il compito di gestire gli ospiti dell’hotel dove Nair si trovava e dove si erano asserragliati gli ultimi terroristi, che la leadership non dipende dall’età né tantomeno dagli studi, ma è situazionale.

Un suo suggerimento che inizierai a seguire?

La lista degli unusual people. «Se qualcuno mi assegna un progetto o un’importante trasformazione», racconta Nair, «per prima cosa mi faccio una lista di persone con cui parlare, fondamentali perché il progetto abbia successo. Quelli che noi chiameremmo normal stakeholder. Poi faccio una lista di unusual people, persone che non hanno niente a che fare col progetto, persone interessanti con cui mi piacerebbe parlare. Non ho tempo di costruire relazioni giocando a golf, andando a bere una birra al pub o a cena fuori. Così costruisco tutte le mie relazioni al lavoro. Quando incontro queste persone, dico loro: “Non avete niente a che fare con questo progetto. Ma voglio la vostra prospettiva indipendente su di esso”. E così mando loro una lista di domande. Costruire un network di questo tipo è fondamentale. Ti serve a fare il tuo lavoro con efficacia perché la ricchezza delle prospettive che ricevi dalle persone che non sono come te è preziosa».

La lista “cose (inutili) da imparare”

Di che cosa si tratta?

Di tenersi allenati a imparare. A dirlo è sempre Leena Nair. Che si descrive come un’eterna studentessa: nell’ultimo decennio si è cimentata nell’equitazione, nel golf e ha persino imparato a suonare la tastiera, senza essere particolarmente dotata. «Questi apprendimenti potrebbero non avere senso per me oggi. Ma i punti si collegheranno un giorno. E in ogni caso mi mantengono giovane e fresca, affamata e curiosa», ha detto.

Non rischiamo di distrarci dal nostro obiettivo?

Il campione di Formula 1 Lewis Hamilton, in un videocorso realizzato per Masterclass, racconta: «Amo la moda e quando posso vado alle sfilate. Le persone dicono: “Come fa a essere concentrato, se va a queste sfilate?”. Poi io scendo in pista e faccio meglio che mai. Perché è davvero importante prendere le distanze. Pensare al tuo unico obiettivo 24 ore su 24, 7 giorni su 7, non è salutare. Quando ero giovane, ero tutto solo per le corse. E non ero in grado di fare nient’altro che amassi. Ma quando sono diventato un po' più grande, ho capito che dovevo trovare altri sbocchi. Sono pessimo a tennis, quindi mi sto allenando. Non sono bravo con il pianoforte, ma sto imparando».

Come si sceglie un hobby?

Spesso pensiamo che imparare, a una certa età, debba essere funzionale a un avanzamento di carriera o a un possibile piano B. Che un hobby serva a marchiare la nostra appartenenza a una certa classe sociale, a decorare meglio la nostra immagine pubblica, ad avere qualcosa di cui parlare all’aperitivo o a migliorare il nostro corpo. Un hobby invece è solo ciò che ci piace fare, scrivono Charlie Warzel e Anne Helen Petersen su The Atlantic, anticipando il loro nuovo libro Out of Office: The Big Problem and Bigger Promise of Working From Home.

Dovresti riscoprire il «piacere radicale di fare qualcosa che non ha alcuno scopo o valore se non che ti piace, perché afferra qualcosa di indescrivibile in te e si rifiuta di lasciarlo andare».

Charlie Warzel e Anne Helen Petersen

Sì, ma cosa c’entra con la trasformazione culturale delle aziende?

Ce lo spiega in questa intervista Julie Sweet, che è l’amministratrice delegata di un’azienda americana con mezzo milione di dipendenti, Accenture. Alla domanda “come fai a trovare le persone giuste da assumere, non quelle che hanno fatto gli studi giusti e provengono dall’ambiente sociale giusto, ma quelle in grado di affrontare le grandi sfide della leadership di oggi”, la Sweet risponde con grande candore: «La leadership si trova ovunque. Spesso ho notato che si manifesta in gente che al tempo stesso lavora, va a scuola, è in una squadra sportiva o in un club, fa più di una cosa. La leadership arriva da persone che fanno molte cose, che sono in grado di gestire il loro tempo».

Questo articolo è tratto dal numero 5 del 18 dicembre 2022 della newsletter “Voices”, una newsletter settimanale di Diagonal curata da Annalisa Monfreda. Ogni settimana racconta storie, voci, dati e approfondimenti per ispirarti lungo il percorso verso un’azienda inclusiva. Siamo infatti convinte che la diversità sia la più grande opportunità di innovazione che abbiamo, l’occasione di riscrivere le regole del lavoro, di ridisegnarne i riti, gli spazi, la cultura. Se desideri iscriverti clicca qui. Ti aspettiamo!

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