Hai trovato il tuo modo di essere secondo?
La storia
Buzz Aldrin fu il secondo uomo a mettere piede sulla Luna dopo Neil Armstrong. È colui che appare nella foto che tutti abbiamo in mente, ma è il nome di Armstrong che rimarrà nella memoria collettiva. Aldrin, dopo la conquista, attraversa il buio della depressione e dell’alcolismo, che lui stesso racconta in due libri.
Perché mi racconti la sua storia?
È una di quelle che racconta Valentina Ciannamea nel suo libro Secondo a chi (Do it human Editori), in cui vuole riscrivere la narrazione sul secondo posto. Ed è la storia più drammatica, quella di un uomo che soccombe alla sua postazione, perché non riesce a essere altro che quel numero sul “podio”, ed è quello che rischia di diventare ogni “secondo” in questa società della performance e della competizione.
Ci sono altri modi di essere secondo?
Certo ed è questo il viaggio appassionante che traccia Ciannamea nel suo pamphlet.
C’è la splendida posizione dell’outsider, per cominciare: Matteo Berrettini, che nel 2021 perde la finale di Wimbledon contro Novak Djokovic, e commenta a caldo: “Non è la fine ma un inizio di carriera”. Perché quando si è un outsider, uno che dal settimo posto del ranking mondiale sfida il numero 1, l’argento ha il sapore della possibilità, privo del retrogusto amaro che ogni trionfo porta con sé.
C’è l’eterno primo che ritrova il piacere della vittoria arrivando secondo, come Gregorio Paltrinieri che quattro anni dopo l’oro di Rio sui 1500, vince a Tokyo un argento impossibile negli 800, perché arrivato dopo un lungo stop dovuto a una difficile malattia. O come Sofia Goggia, che definisce l’argento del 15 febbraio 2022 “incommensurabile” perché arrivato 23 giorni dopo un infortunio che avrebbe potuto compromettere la sua carriera.
C’è il secondo che deve tutto al suo essere secondo, come le sorelle Williams. Serena, che grazie al suo essere nata seconda, coltiva la rabbia e l’invidia verso la sorella che arriva prima di lei nel tennis femminile per cambiarlo per sempre. «La rincorsa di Serena partiva da così lontano, nella loro infanzia, che quando l’ha raggiunta ormai era impossibile fermarsi» scrive Tiziana Scalabrin su l’Ultimo Uomo. E infatti poi è Venus a divenire seconda. Seconda, ma di una sorella che ama più della sua stessa vita, al punto da vivere quel secondo posto come la posizione privilegiata di chi vince anche quando perde.
E c’è il secondo che non si è mai ritenuto tale. Il gregario, il corridore che che nelle gare a squadra ha il compito di aiutare il capitano a raggiungere la vittoria. O Sam, per gli appassionati del Signore degli anelli, il fidato amico di Frodo. Sono coloro che non provano alcun desiderio di vittoria, ma che sono fondamentali ad essa.
Cosa possiamo imparare da tutti questi “secondi”?
Che essere secondi (a modo nostro) è forse il modo per sottrarsi alla dittatura del successo in cui siamo immersi, liberarci dalle pressioni lavorative e familiari. Scendere dalla scala mobile di un percorso professionale disegnato come linea ascendente, dove si va sempre più in alto: più soldi di ieri, più prestigio di ieri. «Introiettiamo talmente in profondità il dogma del successo che crediamo fermamente di doverci posizionare in alto, per sentirci amati, in primis da noi stessi», scrive Ciannamea. Mentre la posizione del secondo ci regala la libertà dalle aspettative altrui e lo spazio per sperimentare. Ci regala, insomma, «il coraggio di presentarci quando non possiamo controllare il risultato», come afferma Brenée Brown.
Fammi un esempio
Torno alle dimissioni di Jacinda Ardern di cui parlavamo qui, e non perché dimettersi sia l’unico modo per arrivare secondi, ma perché nel frattempo la psicologa María Luz Pomares ce ne dà una interpretazione che va in questa direzione. «Siamo condizionati a vedere le dimissioni dal lavoro come un fallimento e non come una possibile soluzione», dice a El Pais. Cedere il passo da primo ministro significa raggiungere «un'altra destinazione dove non ci sentiamo vulnerabili e possiamo affrontare le avversità in modo tale che non ci costi tanto quanto perdere la nostra salute, la nostra famiglia e distruggere il nostro ambiente. Sapere quando è il momento di fermarsi fa parte della responsabilità di ogni professionista». È ridefinire il proprio posto in virtù di un fine più grande dell’essere primo.
Questo articolo è tratto dal numero 51 dell’11 febbraio 2023 della newsletter “Voices”, una newsletter settimanale di Diagonal curata da Annalisa Monfreda. Ogni settimana racconta storie, voci, dati e approfondimenti per ispirarti lungo il percorso verso un’azienda inclusiva. Siamo infatti convinte che la diversità sia la più grande opportunità di innovazione che abbiamo, l’occasione di riscrivere le regole del lavoro, di ridisegnarne i riti, gli spazi, la cultura. Se desideri iscriverti clicca qui. Ti aspettiamo!