I rischi dell'autocompiacimento
La storia
Questa settimana ho avuto l’onore di ascoltare la storia che vi racconto dalla viva voce di uno dei protagonisti, Andrea Zorzi, sul palco dell’ultima Fuckup night una della più belle di sempre. È la storia della mitica nazionale di pallavolo degli anni ’90, quella che vinse 3 Mondiali, 4 Europei e 8 World League, ma mai l’Olimpiade. Quella nazionale, in realtà, di medaglie olimpiche ne perse due: Barcellona ’92 e Atlanta ’96. Ma i fallimenti non sono tutti uguali.
In che senso?
«La seconda può essere archiviata come una dolorosa sconfitta sportiva in cui per un punto una squadra vince e una perde», racconta Andrea Zorzi. «Si può fare sempre un po’ di più ma non c’è molto da rimproverarsi. Ad Atlanta abbiamo fatto pace, mentre Barcellona rimane invece una ferita aperta perché ci sentiamo responsabili di quello che è accaduto».
Responsabili di cosa?
Facciamolo raccontare a lui: «L’Italia era una squadra media prima dell’89, i “magnifici perdenti” ci chiamavano. Poi arrivò Julio Velasco, un grande allenatore. Si vinse l’Europeo nell’89, si vinse il Mondiale nel ’90 e affrontammo le Olimpiadi come la squadra favorita. Cos’era accaduto nel frattempo? Queste due grandi vittorie inaspettate ci hanno reso, per la prima volta nella storia della pallavolo italiana, popolari e un po’ ricchi. Ma la ricchezza e la popolarità che arrivano velocemente in un ambiente non abituato a gestirle sono particolarmente pericolose. E sta di fatto che la nostra lucidità mentale e la nostra tranquillità sono un po’ calate. Siamo arrivati all’Olimpiade montandoci la testa. Ai quarti di finale contro l’Olanda, battuta mille volte, al quinto set, sul 16 pari abbiamo mandato la palla fuori. Ed è finita così: Olanda avanti, Italia a casa».
L’autocompiacimento è pericoloso anche in azienda?
Sì e lo racconta benissimo nel podcast Most Innovative Companies Patrick Spence, che oggi è Ceo di Sonos, ma per 14 anni ha fatto parte del team che ha lanciato BlackBerry e ha costruito un business globale da 80 miliardi di dollari che impiegava 17.000 persone e di cui oggi non rimane più niente. «Ho l'esperienza di aver vissuto e di aver messo sangue, sudore e lacrime in 14 anni di costruzione di BlackBerry e vedere cosa succede quando inizi a dormire sugli allori e non continui a spingerti fuori dalla tua zona di comfort», afferma Spence.
Come ci si tiene alla larga da esso?
Abbracciando l'innovazione anche quando non è necessario. «Ci sono alcune persone che sono esploratrici e altre che sono costruttrici, ovvero che migliorano progressivamente i prodotti: devi averli entrambi nella tua organizzazione», afferma Spence. Soprattutto, «devi proteggere gli sforzi di esplorazione». Quando le finanze sono buone o sembra che ci siano tempi facili, spesso è più comodo evitare quella che potrebbe sembrare un’innovazione “non necessaria”. Invece bisogna mantenere intatta la volontà di abbracciare costantemente il disagio e “uscire di casa”.
Questo articolo è tratto dal numero 40 del 15 ottobre 2022 della newsletter “Voices”, una newsletter settimanale di Diagonal curata da Annalisa Monfreda. Ogni settimana racconta storie, voci, dati e approfondimenti per ispirarti lungo il percorso verso un’azienda inclusiva. Siamo infatti convinte che la diversità sia la più grande opportunità di innovazione che abbiamo, l’occasione di riscrivere le regole del lavoro, di ridisegnarne i riti, gli spazi, la cultura. Se desideri iscriverti clicca qui. Ti aspettiamo!