Il giorno dopo la vittoria

La storia

Amby Burfoot era un ragazzo del Connectitut che, ispirato dal suo allenatore, ultimo vincitore americano della maratona di Boston del 1957, iniziò a correre quella gara bruciando dalla voglia di vincerla. Ci riuscì nel 1968. Una vittoria enorme.

Perché me ne parli?

Perché 55 anni dopo, lunedì prossimo, Amby correrà ancora la maratona di Boston. Ha 76 anni e ha continuato a correrla per tutti questi anni, dopo averla vinta. Qui racconta in maniera splendida la corsa del ’68 ma anche tutte quelle che sono seguite. E ha molto da insegnarci sulla vittoria, sul successo, ma soprattutto sul giorno dopo aver vinto o aver avuto successo.

Va bene, ma cominciamo dall’inizio: come ha fatto a vincere?

Al netto della predisposizione fisica indipendente dalla volontà di ciascuno, le storie dei successi sportivi hanno una trama che si assomiglia. Sentiamola dalle parole di Amby: «Nell’aprile del 1968, volevo vincere Boston più di quanto tu possa immaginare. Mi ero allenato follemente, duramente. Andavo a letto ogni sera alle 21:30 e mi svegliavo la mattina alle 6 per la prima delle mie due corse giornaliere. Durante le vacanze di primavera, mentre altri si divertivano sulle spiagge della Florida per una settimana, ho registrato 175 miglia in allenamento. Le mie settimane tipiche superavano comunque le 100 miglia». Ti lascio godere la descrizione appassionante della gara con l’ombra del corridore alla spalle che si allunga e lui che procede martellato da un pensiero fisso: “Stai correndo contro un fantasma e alla fine vincerà. Potresti anche smettere ora e risparmiarti ulteriori sofferenze”.

E poi?

Inizia il bello. Dopo quella vittoria, Amby torna periodicamente a correre Boston, anche se si piazza due ore dopo il vincitore. Quella motivazione bruciante che aveva nel 1968 è stata sostituita via via da nuove motivazioni. Quel suo modo di allenarsi si è pian piano conformato al cambiamento del suo corpo con l’età. Ogni maratona di Boston, Amby ha scritto una nuova storia.

Cosa può motivarti più della vittoria?

Amby, anno dopo anno, progetta un nuovo rituale per la sua maratona, esattamente come aveva progettato quello della vittoria. Corre, per esempio, con una tasca piena di biglietti da visita che dicono “Grazie fan della maratona di Boston. I vostri applausi e il vostro supporto costante sono ciò che rende Boston la più grande maratona del mondo”: li mette dentro i palmi delle mani tese nei vari punti del percorso, come raro atto di restituzione che riceve il pubblico delle gare sportive.

Un altro rituale arriva nel tratto di maratona più glorioso al mondo: Boylston è l’ultimo rettilineo, in leggera discesa in cui la maggior parte dei corridori allunga il passo per fare sfoggio delle proprie capacità. «Non io. Io cammino». Amby smette di correre nel punto in cui esplose la seconda bomba dell’attacco terroristico del 2013, che uccise 3 persone e ne mutilò 250, e si gira per guardare i corridori in arrivo: «Cerco di incrociare gli occhi di questi corridori dal sorriso selvaggio. “Ben fatto”, urlo. “Ottimo lavoro. Stai finendo la maratona di Boston”».

Cosa possiamo imparare da lui?

Scriviamo nella nostra testa la sceneggiatura del successo a cui puntiamo, che è il successo generalmente riconosciuto dalla società: il taglio del traguardo, possibilmente per primi. Sappiamo cosa serve a raggiungerlo e che sapore avrà. E se provassimo a scrivere nuove storie di successo, nuovi traguardi? E se per questi nuovi traguardi, progettassimo rituali esattamente come per i traguardi socialmente riconosciuti?


«Forse non riceveremo un grosso assegno premio, ma sembra proprio che siamo tutti vincitori della maratona di Boston».
— Amby Burfoot

Questo articolo è tratto dal numero 56 del 15 aprile 2023 della newsletter “Voices”, una newsletter settimanale di Diagonal curata da Annalisa Monfreda. Ogni settimana racconta storie, voci, dati e approfondimenti per ispirarti lungo il percorso verso un’azienda inclusiva. Siamo infatti convinte che la diversità sia la più grande opportunità di innovazione che abbiamo, l’occasione di riscrivere le regole del lavoro, di ridisegnarne i riti, gli spazi, la cultura. Se desideri iscriverti clicca qui. Ti aspettiamo!

Annalisa Monfreda