Illuminare le differenze
La notizia
Se ti opera una chirurga, il decorso post operatorio sarà migliore, che tu paziente sia maschio o femmina, ma soprattutto se sei femmina. Lo dice uno studio pubblicato sulla rivista medica JAMA Surgery.
Fermi tutti, non annullate gli interventi con chirurghi maschi
Il tasso complessivo di aggravamenti rimane basso. Per intenderci, la probabilità che il paziente muoia dopo un intervento chirurgico vascolare è dello 0,9% con una chirurga donna e dell'1,2 percento con un uomo.
Perché ne parliamo allora?
Perché siamo in presenza di «un enorme set di dati, che non può essere ignorato», ha detto Angela Jerath, coautrice dello studio, a The Lily.
Ma non sarà perché le chirurghe sono poche?
In effetti rappresentano solo il 22% del totale. E come accade in questi casi, «se le donne hanno barriere più alte all'ingresso, allora entreranno solo quelle che sono veramente eccezionali», ha detto Cristopher Wallis, autore dello studio. Con tutto ciò che ne consegue sulle aspettative che si avranno nei loro confronti, come dicevamo qui a proposito di Kamala Harris. Eppure questo non basta a spiegare i numeri.
Come si spiegano allora?
L’ipotesi di Jerath è che le chirurghe comunichino maggiormente con i pazienti dopo l’operazione e che si consultino più spesso con altri specialisti. Tutte cose che non ti insegnano all’università. L’ipotesi di Wallis, invece, è che le chirurghe siano più attente ai sintomi che rivelano eventuali complicanze, specie a quelli delle pazienti donne.
Cosa possiamo imparare da questa storia?
Che la diversity del team garantisce una “customer care” efficace: «una forza lavoro diversificata si identifica meglio con i diversi pazienti nella comunità», ha detto Wallis.
Che la diversity andrebbe ricercata in ogni fase del processo. Prima di arrivare in sala operatoria, sarebbe il caso di avere nelle aule universitarie docenti che insegnino a curare diversamente.
Che la diversity esprime il suo valore quando non si adatta al modus operandi della maggioranza, come dicevamo qui, ma quando prova a modificare l’ambiente.
Che illuminare le differenze, come fa questo studio, può essere pericoloso se serve a proclamare la superiorità di un genere sull’altro. Ma prezioso se porta «a interventi educativi che migliorino i risultati per tutti i pazienti» come ha spiegato Wallis.
«Le differenze tra i sessi non hanno un valore prezioso? Non sono una risorsa della nostra natura umana che nessuno ha ancora cominciato a sfruttare appieno?»
Margaret Mead, antropologa, 1949
Questo articolo è tratto dal numero 7 del 15 gennaio 2022 della newsletter “Voices”, una newsletter settimanale di Diagonal curata da Annalisa Monfreda. Ogni settimana racconta storie, voci, dati e approfondimenti per ispirarti lungo il percorso verso un’azienda inclusiva. Siamo infatti convinte che la diversità sia la più grande opportunità di innovazione che abbiamo, l’occasione di riscrivere le regole del lavoro, di ridisegnarne i riti, gli spazi, la cultura. Se desideri iscriverti clicca qui. Ti aspettiamo!